Sono tra coloro che pensano che la musica stia attraversando un periodo di grave crisi creativa, quella italiana in particolare e, dunque, trovare uno spunto per un articolo non mi è facile. Potrei scrivere di qualcuno dei grandi cantautori “storici”, ma, mentre me ne sto qui a rimuginare, viene in mio soccorso la radio, dalla quale mi arrivano le note di una canzone che mi richiama alla mente ricordi ed emozioni di una lunga, felice notte d’estate di qualche anno fa, un bel po’, ad essere sincera. Erano gli anni in cui il Festivalbar, manifestazione canora ideata da Vittorio Salvetti nel 1964, era all’apice del successo ed era la colonna sonora delle mie vacanze e di quelle di tanti italiani. Molte edizioni vennero trasmesse da un’Arena di Verona gremita di gente che cantava e ballava, mentre sul palco si esibivano artisti italiani ed internazionali, ma negli anni ’90 fu trasformato in un evento itinerante, che si svolgeva in alcune delle più belle piazze d’Italia. Era il 1996 e la serata finale si tenne a Napoli, nella meravigliosa cornice di piazza Del Plebiscito. Io non potevo perdermi l’occasione di assistere dal vivo a quello che, all’epoca, era il mio spettacolo musicale preferito e, insieme ad un gruppo di amici, affrontai il traffico, le sgomitate nella calca, l’afa, un’estenuante attesa in piedi, sotto il sole, ma con l’eccitazione che mi pervadeva avrei potuto superare qualunque ostacolo. Una folla immane si era riversata nella piazza, nessuno aveva paura che ci potessero essere attentati, perché l’ombra del terrorismo non aleggiava ancora su di noi, tutti sembravano spensierati e allegri, come in un’immensa festa di paese. Quando si accesero le luci del palco e le prime note si diffusero nell’aria, lo stupore e l’emozione mi lasciarono senza fiato: era la musica che, per il resto della mia vita, mi avrebbe ricordato quella splendida estate e quella notte magica. Cantammo a squarciagola tutto il tempo, canzoni come “Meravigliosa creatura” di Gianna Nannini, “Domani” degli Articolo 31, “Lemon Tree” dei Fool’s Garden e poi quella che stamattina, come accade ogni volta che l’ascolto, ha fatto vibrare le corde del mio cuore, “Certe notti”. Avevo aspettato quel momento trepidante e, quando Ligabue comparve sul palco, pizzicando le corde della sua chitarra, il mio amico Marcello, un gigante alto due metri e cinque per centoventi chili, mi sollevò a cavalcioni sulle sue spalle. Da quell’altezza, sovrastando tutte le braccia che agitavano gli accendini, vedevo davanti a me solo un mare di fiammelle ondeggianti nel buio e il palco. La musica mi arrivava con una tale intensità che non riuscivo a trattenere le lacrime, per l’emozione, l’incanto, il rapimento di quell’istante. Quella sera trionfò Eros Ramazzotti, con la sua “Più bella cosa” e nulla faceva presagire che il Festivalbar, di lì a qualche anno, sarebbe diventato solo un ricordo: nel 2007 ci fu l’ultima edizione e da allora l’estate mi sembra un po’ meno estate, ma certe notti, quelle, restano nel cuore per sempre.