Maria Gabriella Cianciulli

di Pablo Paolo Peretti
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  1. Cosa significa essere un poeta al giorno d’oggi?

Credo che la poesia investa la persona inconsapevolmente, che si manifesti in seguito come necessità espressiva del proprio “io” nel mondo; il poeta della contemporaneità è più consapevole di rappresentare una voce spesso discorde, poco ascoltata, che segue ritmi e tempi un po’ lontani dal consueto modo di fare poesia, spesso resta nell’oblio dell’indifferenza da parte di un pubblico di lettori sempre più esiguo.

  1. Poeti si nasce o si diventa? 

Nascere poeti? Direi che ci sia piuttosto una predisposizione all’ascolto innanzitutto di se stessi, poi di tutto ciò che attraversa l’uomo e la necessità che si concretizzi in parola, un richiamo forte all’astrazione nella ricerca di senso, che non sia necessariamente filosofica e che questo nasca soprattutto dal bisogno di decodificare la realtà, cercando un equilibrio con essa, quando questo è possibile, facendo tesoro del silenzio: grande rivelatore.

  1. Cosa non ti piace e ti piace della poesia in generale? Chi ti ha influenzato e chi hai evitato di assomigliare...e perché!

Non amo la poesia esibita, ma quella autentica: priva di orpelli, di manierismi...in generale cerco di trarre dalle poesie che leggo un trait d’union o un elemento che nella parola altrui mi sia di spinta per riconoscermi, uno scambio reciproco in quello che io chiamo la bellezza nel sotteso, credo che tutti abbiamo qualcosa di condiviso o condivisibile.   

  1. Devi usare 4 libri di poesia da regalare al tuo peggior nemico. Hai qualche titolo o nome di autore e perché? 

Non ho mai fatto una distinzione tra “ libri belli o brutti”; credo che in ogni libro di poesia ci sia un’intenzione poetica, che può arrivare o meno se in essa c’è autenticità,  credo anche che  la poesia sia impalpabile, ma sappia parlare all’animo predisposto all’ascolto, per cui anche ad una persona meno avvezza alla lettura sia possibile giungere uno stimolo costruttivo all’incontro con la parola poetica. 

  1. In Italia ci sono circa 4 milioni di poeti o presunti tali ...ti fa paura la concorrenza?

 Assolutamente no, anzi, ritengo che il confronto con la scrittura poetica in generale sia fondamentale per una maggiore consapevolezza dell’esperienza poetica, nella misura più congeniale ad ognuno; anche perché il poeta, secondo me, vuole dire all’altro da sé qualcosa che lo renda riconoscibile in quella veste: per dire al mondo che lui esiste ed esiste in quel modo. La poesia è anche scambio oltre la coerenza del proprio sentire e dire, necessità di espressione e di confronto.  

  1. Dicono che la poesia non vende, oppure solo pochi eletti riescono ad ottenere una certa notorietà. Cosa ti aspetti da te? Fama, riconoscenza oppure solo piacere di piacerti.

 Che la poesia oggi sia un argomento poco dibattuto, passato in secondo piano è evidente e per vari motivi, primo fra tutti la necessità per alcune case editrici di avere un pubblico acquirente più vasto possibile, per cui diventa necessario un prodotto fruibile, che si adatti perfettamente allo stile di vita odierno e la fluidità che lo contraddistingue. La poesia richiede attenzione, incontro intimo, talvolta reso poco accessibile anche dal diffondersi di una poesia concettosa: tutto questo contribuisce a far sì che la poesia sia vista sempre più come un prodotto di nicchia, relegata ad un pubblico di pochi amatori. Non mi aspetto riconoscenza o fama, ma solo attenzione, in fondo chi scrive è in qualche modo affetto da narcisismo che io chiamo “poetico”, sempre visto come un modus necessario per esserci nella “parola”.   

  1. Dove e quando scrivi? Ha un determinato orario la tua creatività o luogo dove si fa sentire ancora di più? 

La mia non è una poesia di ricerca, almeno fino adesso, piuttosto è una poesia ispirata da una situazione, da un momento che traduco spesso con un linguaggio immaginifico, evocativo...partendo dal vissuto, da tutto ciò che mi appartiene anche a livello di pensiero: tutto in un rapporto simbiotico con la Natura, fonte di ispirazione e rifugio.

  1. Quali poeti sconosciuti al grande pubblico, ma notevoli che hai letto e ammirato nei social ti hanno colpito e perché? 

Trovo tanta poesia interessante anche sui social, che stanno facendosi sempre più luogo di frequentazioni poetiche molto interessanti che vanno dalla poesia civile a quella intimistica. Ho avuto l’onore di frequentare un poeta, venuto a mancare prematuramente lasciando un vuoto incolmabile nella pagina poetica contemporanea: Armando Saveriano, uomo dalla cultura eccelsa di origini irpine come me, che ha fatto della poesia il suo unico vero motivo di vita ; la sua poesia: un autentico magma intimistico, spesso espresso con un linguaggio automatico come lui amava definirlo, mi ha attratta per la capacità di utilizzare la parola, il suo eclettismo unico...essa rappresenta un patrimonio unico nel panorama letterario a mio avviso e non solo, che merita un riguardo particolare.

  1. Diceva Charles Baudelaire “ Il peggior nemico di un poeta è un poeta “.sa voleva dire secondo te. Sei d’accordo?

 Provo ad interpretare ciò che voleva dire e penso che sia davvero così: un poeta non può arroccarsi sul suo autocompiacimento, la poesia è anche ricerca e analisi del pensiero altrui, bisogno di attingere ad altre fonti per scoprire ciò che non è stato mai sondato e scoprire che appartiene all’uomo. 

  1. Perché acquistare il tuo libro? 

Il mio può essere solo un invito per farmi conoscere, per poter condividere ciò che mi appartiene non come esclusività, ma come comunione con l’altro.

  1. Devi invitare un poeta a cena. Tra quelli ancora in vita e no, chi sceglieresti e perché? 

Pensando al primo incontro con la poesia, con quella che mi ha rapita, per così dire negli anni del liceo, sceglierei Petrarca e Giosuè Carducci: la purezza di immagini del primo, l’amore per la natura del secondo. Tra i poeti viventi mi piacerebbe incontrare e ospitare a cena Umberto Piersanti, poeta che ammiro moltissimo per la sua capacità di rendere in poesia l’armonia tra l’uomo, la natura, la storia...nel suo sconfinato desiderio di amare, di cogliere la bellezza sempre.

Foto: Dino Ignani

BIOGRAFIA

Maria Gabriella Cianciulli nasce a Montella (AV)il 30-05-1959, un paese dell’entroterra irpino, dove vive attualmente. Intraprende gli studi liceali, in seguito consegue la maturità magistrale presso l’Istituto Magistrale “Imbriani” di Avellino e l’abilitazione all’insegnamento per le scuole primarie. Con la prima silloge “ Echi di maggio”(Delta 3 Edizioni) pubblicata nel 2015 inizia il suo percorso poetico, percorso che è continuato e che ha visto da poco l’uscita del suo secondo libro “ Di Terra e Di Donna” per i tipi di “Controluna” a cura di Giuseppe Cerbino.     

POESIE

Madre
Madre raccontami
raccontati terra gravida del seno
che ha custodito l’attesa in solitudine
le mani incollate alla vita 
simbiotica del tempo
che invera la sua pienezza
Ti prego non dirmi 
delle tue notti insonni
senza l’odore del tuo uomo
era già in te il latte
Madre
non c’è distacco nella forma che muta
si ricompone la bellezza
naufraga il nostro sacrificio
si consuma nello Stupor di corpi scissi
e stringerò solo l’odore del pane
Dio si racconta
lo sguardo beve alla radura
la luce rifranta 
Dio si racconta nell’assenza
all’occhio rimasto insonne
e pare che i due lembi strappati 
si ricongiungano al lenzuolo
Quanto può valere un giorno
o gli anni
la vita che scorre
sulla griglia della mia retina
se la tua mano insicura
è tutto il mio tempo

L’ordito
Tessere l’ordito un mestiere antico
scritto sulla nuca di mia nonna
impastato nei passi inceneriti
dell’umanità errante
nelle giubbe insanguinate 
nella sedicente follia di Libertà
nel cuore defraudato
e qui raccolgo i miei stracci
Gli uccelli conoscono i falò
e girano intorno
vedo la notte camminarmi affianco
nelle stelle supplicate
non si cura della mia devozione
promessa agli albori
non ho occhi grandi
ascolto solo il vento della Parola

Albero monco
Vengo a trovarti albero monco
ti hanno amputato il ramo
lo hai guardato mentre cadeva
nell’omertà del bosco
e noi che di umano contorniamo
le labbra le lasciamo avvizzire
nelle parole atone
mastichiamo i giorni come sassi
senza battere ciglio
Quale scompiglio potrà sopravviverci
se alzando le braccia
non ne cogliessimo di quella ragione
il vuoto a rendere
come le foglie che intorno ti danzano
e degli angeli hanno visto la veglia

Maria Gabriella Cianciulli

La mia pianta è nuda
la mano trascina le foglie d’acero 
la mia pianta è nuda
distribuendo cocci di tetto senza nome
alle marmotte che ne faranno giacigli
Dicono
le abitudini da sotterrare
di parabole contraddette urla il mare
così parlò il ruscello all’aquila 
in una tasca di primavera
qui si infiammano solo bocche
di rododendro e la sposa pensò all’abito
negli occhi di brace e di menta 

Cerco il mare
Non me ne vogliate se cerco il mare
oltre ogni sporgenza indomita
a richiamare la tenzone 
mi piace la lingua blasfema 
dei fiumi di casa
i sassi sputati dalla mania d’amare
solo l’abbraccio che lava e ricuce
sembianze d’abisso

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