Francesco d’Assisi (1182-1226) è figlio di un ricco mercante, conduce una vita dissipata, quindi ha una crisi religiosa che lo porta a convertirsi. Fonda l’ordi- ne dei frati minori, i cui ideali sono l’umiltà, la pover- tà, la castità e una totale fiducia nella Provvidenza di- vina. Francesco propone questi valori in una società dilaniata dai contrasti politici tra fazioni rivali e dalle polemiche religiose, che impegnano le sette eretiche contro la corruzione della Curia romana. Egli vuole riformare restando dentro la Chiesa, perciò chiede ed ottiene il riconoscimento della Regola prima verbal- mente da papa Innocenzo III nel 1209, poi ufficial- mente da papa Onorio III nei 1223. Muore nel 1226.
Francesco scrive le due Regole, il Cantico di Frate Sole (o Laudes creaturarum) e il Testamento. Il can- tico, scritto forse nel 1224, riprende due salmi della Bibbia (Salmo 148; Daniele III, 52-90), che invitano le creature a lodare Dio. Esso presenta una difficoltà di interpretazione: il significato da dare alla preposi- zione per dei vv. 10, 12, 15, 17 ecc. Per può signifi- care da (e allora le creature sono invitate dallo scritto- re a lodare Dio); o per l’esistenza di (e allora l’uomo loda Dio perché gli ha donato le creature). Nessuna delle due soluzioni però va bene per tutti i casi. L’ambiguità è comprensibile: Francesco usa il lin- guaggio per comunicare, non si preoccupa di riflette- re sulla lingua come strumento rigoroso e formale di comunicazione. La seconda interpretazione è quella tradizionale dell’Ordine francescano, accolta anche dalla critica più recente. Vale anche la pena di ricor- dare che al tempo la lingua si stava formando e i ter- mini avevano un significato oscillante, ora legato al latino, ora legato al volgare. Ed è ragionevole pensare che nel testo il significato della preposizione si modi- fichi dai primi versi agli ultimi.
Francesco d’Assisi (1182-1226), Laudes creaturarum, 1224
Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e ‘honore
et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno
et nullu homo ène dignu te mentovare
II
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore,
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte,
et ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
III
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore,
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corpo- rale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male.
IV
Laudate et benedicete mi’ Signore
et ringratiate et serviateli cum grande humilitate.
Le lodi [a Dio] per averci dato le creature o Cantico di fratello Sole
O Altissimo, onnipotente e buon Signore,
tue sono le lodi, la gloria, l’onore
e ogni benedizione.
A te solo, o Altissimo, esse spettano,
e nessun uomo è degno di nominare il tuo nome.
II
Che tu sia lodato, o mio Signore, con tutte le creature, specialmente [per][averci dato] messer fratello Sole, che è luce del giorno, e tu c’illumini per mezzo di lui. Esso è bello e irraggia grande splendore:
di te, o Altissimo, è il simbolo.
Che tu sia lodato, o mio Signore,
per [averci dato] sorella luna e le stelle:
in cielo le hai create lucenti, preziose e belle.
Che tu sia lodato, o mio Signore, per fratello vento,
il cielo nuvoloso e sereno e ogni tempo,
per mezzo del quale sostieni la vita delle tue creature. Che tu sia lodato, o mio Signore, per sorella acqua, che è molto utile, umile, preziosa e casta.
Che tu sia lodato, o mio Signore, per fratello fuoco, per mezzo del quale tu illumini la notte:
esso è bello, gioioso, gagliardo e forte.
Che tu sia lodato, o mio Signore, per nostra sorella madre terra, che ci nutre e ci governa,
e produce diversi frutti, fiori colorati ed erba.
III
Che tu sia lodato, o mio Signore, per coloro
che perdonano per tuo amore
e sopportano malattie e sofferenze.
Beati coloro che le sopporteranno in pace
che da te, o Altissimo, saranno accolti in paradiso. Che tu sia lodato, o mio Signore,
per nostra sorella morte del corpo,
dalla quale nessun uomo vivente può fuggire:
guai a coloro che morranno in peccato mortale; beati quelli che troverà nella tua santissima volontà, perché la morte dell’anima non farà loro alcun male.
IV
Lodate e benedite il mio Signore,
e ringraziatelo e riveritelo con grande umiltà
Commento
1. Il testo può essere diviso in quattro parti: a) l’in- troduzione che loda l’Altissimo; poi b) la lode per le creature date da Dio all’uomo; c) la lode sia per quelli che perdonano e soffrono in nome di Dio, sia per co- loro che muoiono in grazia di Dio; d) la conclusione che invita a lodare, riverire e servire il Signore.
2. Dio è definito come “altissimu, onnipotente, bon Signore”, al quale spettano tutte le lodi: l’uomo è nul- la davanti a Lui e tuttavia Egli ama l’uomo, per ilquale ha creato la Natura. Dio è padre buono e bene- fico nei confronti delle creature, alle quali è vicino. Esse possono riporre in Lui tutta la fiducia.
3. Le creature, che sono al servizio e ad uso dell’uo- mo, sono indicate ordinatamente: il sole, simbolo di Dio, la luna, le stelle, l’aria, il fuoco, l’acqua, il ven- to, il bello ed il cattivo tempo, la terra, che è madre e nutrice per gli uomini. Nel cantico sono presenti tutte le creature che fanno parte della natura; sono assenti gli animali, ma anche l’uomo e la società umana, che
sono dilaniati dai contrasti e che ignorano e rifiutano la vita semplice a contatto con le altre creature.
4. Subito dopo le creature sono nominate le malattie, che hanno un’origine naturale, e le sofferenze, che invece hanno un’origine sociale. Le une e le altre vanno sopportate per amor di Dio. L’invito acquista la sua importanza e mostra la sua utilità se si tiene presente che nel Medio Evo il dolore e le malattie so- no i compagni inseparabili della vita quotidiana.
5. Quindi sono nominate la morte del corpo, da cui l’uomo non può fuggire, e la morte dell’anima, che l’uomo deve fuggire morendo in grazia di Dio. La se- renità del cantico è interrotta all’improvviso e per un momento dalla minaccia “Guai a coloro che muoiono in peccato mortale!”. L’accenno alle sofferenze di o- rigine sociale risulta l’unico riferimento alla vita so- ciale e terrena e agli scontri che caratterizzano la so- cietà del tempo. Francesco peraltro conosce tali con- trasti e, per disinnescarli, propone valori terreni e ul- traterreni alternativi (la sopportazione per amore di Dio, l’umiltà, l’importanza della salvezza eterna).
6. La conclusione invita apparentemente a incentrare la vita su Dio e sulla salvezza eterna, quindi a una scelta radicalmente e solamente religiosa: il mondo terreno è in funzione di quello ultraterreno; la vita sulla terra è in funzione alla vita in cielo. In realtà dando importanza all’al di là e svalutando l’al di qua, Francesco ottiene il risultato di buttare acqua sul fuo- co, cioè sui contrasti che provocavano gli scontri so- ciali e sugli stessi valori dominanti, che si possono ignorare a favore di altri valori, più adatti alla convi- venza civile: un valore per essere tale deve essere ri- conosciuto come valore. Nella Divina commedia di Dante agli inizi del Trecento, indubbiamente un testo molto più complesso, esiste un meccanismo simile, che tuttavia mostra in modo molto più visibile il fatto che l’al di là è in funzione dell’al di qua.
7. Non deve stupire che la cultura del tempo sia (qua- si) soltanto religiosa: la Chiesa aveva avuto 800 anni (476-1225) per conquistare l’intera società europea e per plasmarla con i suoi valori. Oltre a ciò nel mondo antico greco e romano la religione era sempre presen- te nelle cerimonie private come in quelle pubbliche. Il paterfamilias era pure sacerdos della famiglia.
Fonte: Genesini Pietro, Letteratura italiana 123, Padova, 2021