Qualche giorno fa, ho letto su un giornale che, durante l’ormai prossima estate, inizieranno le riprese per la trasposizione televisiva dei quattro romanzi di Elena Ferrante, “L’amica geniale”, “Storia del nuovo cognome”, “Storia di chi fugge e di chi resta “e “Storia della bambina perduta”.
La scrittrice, che da sempre usa uno pseudonimo per proteggere la propria identità, in un’intervista al New York Times, ha espresso la speranza che la serie tv, diretta da Saverio Costanzo, riesca a trasmettere emozioni autentiche e sentimenti complessi e contraddittori; perché è proprio questo che Elena Ferrante fa nei suoi libri: racconta di emozioni e sentimenti con grande autenticità.
La storia è ambientata, per lo più, in una Napoli che conosco bene, in un rione vicino al quale sono cresciuta e ho lavorato per vari anni. Leggerli è stato per me come fare un viaggio nel tempo, in quei luoghi a me così familiari, mentre ai personaggi del libro si mescolavano voci e volti di persone reali che hanno popolato la mia infanzia. Attraverso la penna della scrittrice, conosciamo le due protagoniste Elena Greco, detta Lenù, e Raffaella Cerullo, detta Lila, prima bambine e adolescenti, mentre cercano di trovare la strada per affrancarsi dall’esistenza toccata in sorte alle loro madri; poi donne, ciascuna con le proprie difficoltà, con i propri errori e drammi, ma sempre unite, anche quando la vita le separerà e le porterà lontano, a vivere due esistenze molto diverse fra loro.
Sullo sfondo, Elena Ferrante dipinge un affresco, che parte dal microcosmo del rione e si allarga alla città di Napoli e all’Italia intera, in un arco di tempo lungo cinquant’anni, con frammenti di storia che si mescolano alle esistenze delle protagoniste, dei loro vicini di casa, amici, nemici; ci racconta i cambiamenti politici, sociali e culturali di 5 decenni, dalle lotte femministe a quelle sindacali, visti sia attraverso la prospettiva dei salotti intellettuali e altolocati, che si troverà a frequentare Lenù e sia attraverso quella del degrado della strada, vissuto da Lila.
In primo piano, invece, colloca l’amicizia tra Lenu’ e Lila, la descrizione dei loro mondi interiori, così diversi eppure così uguali. Un’amicizia, quella tra le due protagoniste, che è un intreccio di sentimenti ed emozioni: affetto, invidia, amore, rancore, perché Lenù e Lila sono così umane da non risparmiarsi nulla, neppure i tradimenti. Non c’è spazio per il buonismo, in questi libri di Elena Ferrante, tutte le debolezze, fragilità, miserie dei personaggi vengono messe a nudo, non c’è catarsi, consolazione, una chiusura definitiva, ma solo un realismo puro e tormentato, che tratteggia l’intera narrazione.
Lenù e Lila si perderanno e si ritroveranno più e più volte, nel corso degli anni, perché alla fine l’unica certezza è che nulla di definitivo vi sia nella vita e che, per quanto si possa andare lontano, dalle proprie origini non si può mai fuggire del tutto ; ma ciò che più mi è rimasto nel cuore di questi libri è una mia personale considerazione sull’amicizia: un vero amico è colui che, quando la vita ti farà dubitare di te stesso, sarà lì a ricordarti chi sei veramente, perché potrai rispecchiarti dentro di lui e ritrovarti sempre, a dispetto del tempo e delle distanze.