Un’introduzione all’arte di scrivere storie: Grammatica della fantasia di Gianni Rodari.

di Marie Morel
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La mia predilezione per la narrativa e le storie ha le sue radici nella mia prima infanzia, in età prescolare, quando trascorrevo il mio tempo in compagnia di ultrasettantenni che non avevano né l’energia, né la voglia di giocare con una bambina di tre anni. Mia madre mi comprò, allora, uno di quei mangiadischi compatti in plastica colorata e l’intera serie di quelle fiabe sonore che all’epoca fecero il loro ingresso nelle case di molti bambini italiani, quelle con il jingle “A mille ce n’è, nel mio cuore di fiabe da narrar…”, con l’obiettivo, pienamente centrato, di farmi stare tranquilla, mentre lei era al lavoro. Quel mangiadischi e quelle fiabe furono a lungo i miei migliori amici e compagni di gioco.

 
Crescendo, il mio interesse per racconti e favole si allargò a vari generi ed autori, tra cui Gianni Rodari, che ha segnato la mia infanzia per sempre. Ora, al di là dei miei nostalgici ricordi e degli indiscussi meriti e riconoscimenti di Rodari, quale scrittore di letteratura per l’infanzia, qualche giorno fa ho scovato una delle suo opere principali, Grammatica della fantasia, che mi era sfuggita poiché non è dedicata ai bambini, ma è un volume teorico in cui egli si propone di ricercare le costanti del processo creativo per renderlo accessibile a tutti, di offrire uno strumento utile “a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola.
Il libro si ispira al Quaderno di fantastica, un taccuino su cui Rodari annotava le proprie idee e spunti per creare le storie che raccontava ai suoi scolari, quando era maestro, dimenticato per qualche anno e ripescato quando egli decise di scrivere per i bambini. Nell’antefatto lo scrittore fa presente che si tratta di un libro che non ha la pretesa di fondare una nuova materia, la fantastica, da insegnare a scuola insieme a geometria e a matematica, ma ha lo scopo di rispondere con onestà ad una domanda che spesso i bambini gli hanno rivolto: “come nasce una storia?”
Eppure è inevitabile chiedersi come sarebbe la nostra vita, oggi, se a scuola avessimo studiato fantastica? Come sarebbe il mondo se le persone avessero più fede nel potere salvifico dell’immaginazione e della creatività, piuttosto che in quello del potere e della prevaricazione? Se, anziché cercare di riempire ogni singolo momento delle giornate dei nostri bambini con le più svariate attività, lasciassimo loro il tempo per inventare e liberare la fantasia?
Siccome io credo veramente che un mondo con più immaginazione sarebbe migliore, voglio condividere con tutti il motto della Grammatica della fantasia che, come Rodari stesso dice, potrebbe essere “Tutti gli usi della parola a tutti”, “non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”.

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